Come noto, è stato recentemente approvato il c.d. “Decreto Lavoro 2023” (D.L. 48/2023), che è in vigore dal 5 maggio.
Una delle novità principali è quella sui contratti a termine.
L’obiettivo sembra essere quello di facilitarne la proroga/rinnovo.
Riassumendo:
La scelta adottata ora dal legislatore è quella di effettuare un cambio di impostazione, lasciando che sia la contrattazione collettiva a disciplinare quando i rinnovi contrattuali siano possibili.
Dato che però tale regolazione è ad oggi prevista in pochissimi contratti collettivi (alcuni di essi sono i CCNL Credito, Logistica e Settore assicurativo), è stata prevista fino al 30 aprile 2024 una disciplina transitoria, in base alla quale i rinnovi dei contratti a termine sono possibili in presenza di “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti”. L’intento è evidentemente quello di dar tempo alla contrattazione collettiva di esercitare la delega affidatale dalla legge, visto soprattutto che, al momento, i principali CCNL (es. Industria e Commercio) nulla dicono in materia.
La causale transitoria prevista dal Decreto Lavoro “esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti” non è però una novità: è stato infatti riesumato il c.d. “causalone” già previsto in materia di contratti a termine dal d.lgs. 368/2001 (ed eliminato dal legislatore qualche anno più tardi) che, a causa della sua genericità, ha fatto sorgere in passato numerosi contenziosi.
Resta invece ferma la possibilità di stipulare contratti a termine per sostituire altri lavoratori (es. sostituzione maternità), nelle medesime modalità.
Quella dei contratti a termine è una normativa particolarmente scivolosa dato che cambia di continuo (le ultime due modifiche sono state nel 2015 e nel 2018) e, in presenza di inosservanze, la conseguenza prevista dal legislatore è la trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato.
Il nostro consiglio, pertanto, resta quello di rinnovare i contratti a termine oltre i 12 mesi soltanto in presenza di ragioni obiettive, evitando espressioni generiche come “l’incremento dei volumi produttivi”. Ciò anche alla luce anche dei recenti approdi della giurisprudenza di legittimità che richiede che il motivo giustificativo del contratto a termine sia “circostanziato e puntuale” (Cass. 214/2023).
12 mesi | 12-24 mesi |
Non sono richieste causali |
Necessaria l’indicazione di una delle seguenti causali:
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